La Sicilia che non ti aspetti vista con gli occhi del regista britannico Louis Nabil Djalili
di Mara Di Maura
“La responsabilità degli artisti è di far vedere la luce che c’è nel mondo.” Queste parole
sintetizzano il pensiero di Louis Nabil Djalili. E davvero la luce di cui egli parla illumina il volto, le
speranze e i sogni del giovane regista britannico mentre mi accoglie con un sorriso per una
piacevole chiacchierata tra passato, presente e futuro lavorativo nella terra di cui si è innamorato, la
nostra isola. Djalili non è giunto casualmente in Sicilia ma a portarlo nella nostra città di Catania,
tra i venditori ambulanti della pescheria, l’odore del mare e l’imponenza dell’Etna che egli non
manca mai d’immortalare con la compagna inseparabile, la macchina da presa, è stato l’amore per
una donna che ha sposato un anno fa. Figlio dell’attore britannico di origine iraniana Omid Djalili,
noto per aver preso parte a film hollywoodiani come La mummia, Notting Hill, Il gladiatore, Pirati
dei Caraibi- Ai confini del mondo, Sex and the city 2, solo per citare alcuni titoli, Louis ha meno di
trent’anni ma già le idee molto chiare sul suo lavoro. “Essendo nato in una famiglia di artisti” –
spiega- “poiché i miei genitori sono entrambi attori di teatro a Richmond, nel sud-ovest di Londra,
ho sempre respirato arte, ma solo durante gli anni di studi universitari in storia americana a
Nottingham ho iniziato a recitare e mi sono innamorato del mestiere dell’attore. Lì facevo più
l’attore che lo studente!” Louis ride. Ama scherzare sulla sua maggiore propensione per l’arte
drammatica che per lo studio. “Ho preso parte in quegli anni allo spettacolo Blue Stockings opera
teatrale di Jessica Swale sulla storia della prima donna ammessa a fine Ottocento alla Cambridge
University, un lavoro che è stato rappresentato anche in Cina e Malesia, in cui interpretavo uno
degli studenti che erano contrari all’ammissione delle donne, insomma un ruolo da antagonista.”
Scopro così, con sorpresa, che la passione di Djalili per i film nasce in realtà dal teatro. “All’inizio
volevo fare l’attore”- confessa- “ed ho partecipato, sempre a teatro, anche ad un adattamento in
chiave moderna trasposto negli anni Novanta e con atmosfere punk di Lisistrata di Aristofane, ma
poi ho seguito il consiglio dei miei genitori i quali mi hanno suggerito di frequentare una scuola
come regista allo scopo di poter sviluppare una maggiore autonomia progettuale in questo
mestiere. Così ho studiato cinema presso la MET Film School in West London.” Continuando a
chiacchierare piacevolmente con lui, scopro che Djalili, dopo la laurea presso questo prestigioso
centro di formazione, si è trasferito in Macedonia, sui Balcani, dove, oltre a fare del volontariato,
per due anni ha prodotto, scritto e diretto i suoi primi cortometraggi, “Do you have a dog?” della
durata di circa 13 minuti e “How do you clean the river?” di circa 5 minuti. “Ho provato a fare
tutto l’opposto di ciò che mi avevano insegnato a scuola di cinema”- Louis sottolinea il concetto
con il suo sorriso aperto e coinvolgente – “cioè sono andato fuori e ho iniziato a sperimentare, a
mettermi in gioco con i miei primi film: in questi lavori ho analizzato il modo in cui le persone
interagiscono tra loro nei luoghi pubblici, mentre altri due miei short movies dello stesso periodo,
“I love to be your friend” e “I just want to buy her flowers”, esprimono più quello che io chiamo
un romanticismo senza speranza dal momento che in quella fase della mia vita ero molto solo e
l’amore era ancora ben distante da me.” Un amore che, invece, solo pochi anni dopo, lo ha
condotto alle falde dell’Etna, pronto a battere l’ennesimo ciak.
I temi che più stanno a cuore al giovane regista sono i modi interessanti con cui le persone si
relazionano tra loro, la fede, la speranza che resta sempre accesa anche se non necessariamente in
storie a lieto fine, ma anche la natura e la valorizzazione del territorio. Alcuni di questi argomenti
saranno presenti anche nel suo prossimo lavoro. “Se in Macedonia”- precisa- “per quanto riguarda
il rapporto tra l’uomo e il paesaggio, si trattava prevalentemente del legame con le montagne, qui
in Sicilia sono soprattutto il mare e l’Etna a suscitare la mia attenzione.” Djalili sta, infatti,
realizzando, alle soglie del suo trentesimo compleanno, il suo primo lungometraggio proprio nella
città di Catania, un progetto ancora top secret ma di cui mi svela alcuni particolari: “In questo mio
film sarò nuovamente anche attore, un po' come David Lynch nelle sue opere. Io ho uno spirito
indipendente e, per questo motivo, la pellicola che sto realizzando sarà per me una vera e propria
prova in cui getterò le basi per il mio futuro, mettendomi in gioco in tutti i campi, dietro e davanti
la macchina da presa. Solo una parte del lavoro verrà girata a Londra con l’aiuto di un’equipe di
colleghi professionisti. Non a caso, per quanto io adori anche Scorsese, Nolan, i fratelli Coen ed
Emanuele Crialese di Respiro, i miei registi di riferimento sono sempre stati lo statunitense Richard
Linklater e l’iraniano Abbas Kiorostami che sono accumunati dalla capacità di riuscire a
realizzare opere stilisticamente importanti usando mezzi semplici. Nello specifico del primo dei due
registi mi colpisce particolarmente il modo in cui l’autore tratteggia i ritratti dei personaggi, nel
secondo l’uso di scene con molti campi lunghi.” Si tratterà di un anthology, cioè di un film a
episodi, con più storie che s’intrecciano, appartenenti a diversi generi tra cui elementi comici, con
un filo conduttore che consisterà proprio nella parte che verrà girata in Inghilterra, la storia, in verità
un po autobiografica, di uno scrittore che si sforza di fotografare e comprendere dal suo punto di
vista la Sicilia. “Ci sarà un po l’influenza di ciò che ho vissuto in Inghilterra ma anche in Sicilia”
– ammette il regista – “mi baserò sulle conversazioni e le cose che ho visto in quest’isola ma sempre
mescolate alla mia immaginazione e all’idea che mi sono fatto di questi luoghi e delle persone che
li abitano.” Anche in merito alla scelta degli attori Djalili sembra molto sicuro: “Sebbene io ami
molto il teatro non sceglierò solo attori che provengono da questa arte ma, in generale,
coinvolgerò artisti umili che sono gli unici in grado di attivare una vera e propria collaborazione
con me perché capaci di rispettare la mia visione e di abbracciarla.” Un criterio di scelta che lo
guiderà anche nell’individuazione dei membri del cast tecnico. “Ci tengo molto a citare un collega
che mi sta offrendo un grande contributo e con il quale ho avuto modo di lavorare in ben cinque
progetti, il direttore della fotografia Martino Masi, con cui ho condiviso il percorso di studi a
Londra e che dopo sette anni ha fatto ritorno in Italia.” Non mi resta che congedarmi da Louis
rivolgendogli i miei migliori in bocca al lupo per una carriera strepitosa tra il vulcano e il mare dei
nostri incantevoli luoghi.
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