La “magnifica ossessione” del regista Giorgio Bruno per la settima arte
di Mara Di Maura
“L’arte è stata la mia salvezza ma, al tempo stesso, anche la mia condanna.” Inizia con
quest’affermazione forte e decisa la mia chiacchierata al bar con il regista cinematografico Giorgio
Bruno in occasione dell’uscita del suo ultimo film, The Sarajevo Murders, sulle principali
piattaforme. Catanese, classe 1985, l’artista ha già all’attivo, nonostante la giovane età, un numero
elevato di pellicole a cui ha lavorato con svariate mansioni, alcune solo da regista, altre da
sceneggiatore e da produttore, la gran parte delle quali appartenenti al genere che più di tutti, da
sempre, avvicina alla settima arte il pubblico dei ragazzi: l’horror.
Com’è nata la tua passione per il grande schermo?
“Io devo tutto a mio nonno: quando avevo otto anni mi portò per la prima volta in una sala
cinematografica a vedere Robin Hood -Il principe dei ladri. Fu l’esperienza più forte che avessi
mai provato fino a quel momento: io, un bambino che non riusciva a concentrarsi con nessuna
attività, restai fermo, come ipnotizzato. Sono certo che la mia ossessione (magnifica ossessione!)
per l’arte di raccontare le storie per immagini sia nata proprio lì.”
Da quel momento Giorgio non si è più fermato divorando la visione di film famelicamente. Grandi
autori che hanno scolpito ed influenzato la sua formazione visiva.
Quali sono i registi che consideri maestri nella tua crescita?
“Potrei dirti diversi nomi: sicuramente il maestro del brivido Alfred Hitchcock, e poi Tim Burton
ma, soprattutto, Benicio Del Toro, l’autore dell’ultimo Frankenstein, un genio visionario che
unisce allo stile favolistico una certa schiettezza nel mostrare anche gli aspetti più forti della vita. E
poi come non citare il regista della saga Il signore degli anelli e di Amabili resti, Peter Jackson?
Tra gli italiani amo molto Gabriele Muccino e, ovviamente, Dario Argento.”
Inizi a Catania circa quindici anni fa per poi spiccare il volo nella capitale. Come giudichi il
tuo primo film girato proprio nella nostra città?
“Era il 2010. Onestamente considero Nero infinito, pellicola con protagonista Francesca
Rettondini, un film ancora molto immaturo, soprattutto perché nacque in me mettendo insieme,
come i pezzi di un puzzle, suggestioni e citazioni di opere non mie ma che avevano colpito la mia
sensibilità. Quell’opera non nasceva da me, insomma, non dal mio profondo.”
Quali sono i film che senti ti appartengono maggiormente tra quelli a cui hai lavorato?
“Certamente Almost Dead (2015), la cui idea mi venne da un incubo che ho fatto davvero a 17
anni, quando sognai di trovarmi imprigionato in auto e circondato dagli zombie. Si tratta di un
vero e proprio dramma con protagoniste queste creature mostruose che mi hanno sempre
affascinato fin da piccolo, assai più dei vampiri. Io credo che la realtà della vita superi spesso, di
gran lunga, la fantasia e che, come sosteneva il grande George Romero, i morti viventi siamo noi
uomini. Un’altra opera che sento mia, anche se ne sono solo regista e non autore, è They Talk
(2021), film per le piattaforme che ha avuto successo e che ho girato in lockdown, un periodo in cui
non ho sofferto molto, a dire il vero, anche perché io vivo e creo molto bene da solo.”
Giorgio Bruno ama scherzare. Scopro, infatti, in lui anche un lato fortemente ironico.
Parliamo del tuo ultimo lavoro, “The Sarajevo Murders”?
“Si, certo. Si tratta di un’opera di cui ho curato solo la regia ma che si avvicina molto al mio modo
di sentire, forse perché quell’alienazione che vivono i personaggi è anche un po’ la mia. A
differenza del mio terzo film, Hard night Falling (2019), una produzione costosa, il classico movie
d’azione che chiede allo spettatore solo di spegnere il cervello e divertirsi godendosi la tensione,
nel mio ultimo lavoro vi è un maggiore spessore psicologico, anche con piani sequenza che creano
effetti emotivi molto forti. Una giornata normale si trasforma in un incubo per i protagonisti che
finiscono per scendere nei piani più bassi di un palazzo come in una vera e propria caduta verso gli
Inferi. Ho lavorato con un cast di attori straordinari provenienti da diverse parti del mondo,
sloveni, spagnoli, bosniaci.”
I tuoi lavori non nascono per la sala cinematografica ma per le piattaforme. Che rapporto hai
con le stesse?
“Credo molto nelle piattaforme. Esse consentono di raggiungere un pubblico più ampio e, di
conseguenza, sono uno strumento importante per chi vive di cinema. Quest’ultima, infatti, non è
solo arte ma anche impresa.”
Regista, autore, produttore, più di recente ti sei dedicato anche al restauro cinematografico.
“Proprio così. Sono sempre stata una persona molto libera e indipendente e, per questo, cerco
anche di produrre in modo da poter essere autonomo. In alcuni film sono regista e autore, quindi è
normale che io li senta più miei, in altri sono solo produttore e, infine, mi sto occupando anche di
post-produzione e di ridare smalto a pellicole datate, per lo più dagli anni Quaranta in poi. La più
nota al cui restauro ho lavorato recentemente è il capolavoro di De Sica e del Neorealismo che tutti
noi conosciamo, Ladri di biciclette.”
Non hai mai pensato anche di recitare?
“No, non sono per nulla attirato dall’idea di stare davanti alla macchina da presa. Ho scelto di
lavorare dietro di essa e preferisco che le mie opere parlino per me e mi rappresentino. So che i
miei lavori sono molto più conosciuti di me e va assolutamente bene così.”
Cosa ti spinge a fare cinema? Quale motivazione?
“Io non potrei non farlo. Del resto, non so fare altro! (scherza!) Sogno per vivere. La mia vita
coincide con il cinema, con ciò che faccio, anche se, come dicevo, questa è anche la mia condanna
poiché la vita dell’artista è fatta molto anche di solitudine.”
A livello sociale quale credi che possa essere la funzione del cinema?
“Certamente catartica. E’ un modo per liberarci dalle nostre paure, pulsioni più profonde, magari
indicibili, nevrosi, tutto questo non solo per chi vede sullo schermo delle azioni cruente, ad esempio
come quelle che sono ampiamente presenti nei miei film horror, ma anche per chi gira. Forse ti
sorprenderà apprendere che sui miei set con gli attori e i tecnici si ride tanto! Paradossale ma
vero.”
Un artista vero Giorgio Bruno, un autore la cui urgenza di esprimersi attraverso le proprie creature
artistiche è un’urgenza, una necessità.
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