Ottava uscita della rubrica ” Ti dipingo così… a tu per tu, a parlar del più e del meno, con…”

a cura di Concetto Sciuto

Famiglia & lavoro: Ruggero Sardo, il presentatore della porta accanto.

Disponibilità immensa, empatia istantanea e inesauribile, equilibrata leggerezza dosata a maniacale precisione in ciò che fa, un sorriso indistruttibile ed ettolitri di umiltà nonostante sia un volto tra i più noti nella provincia etnea, della Sicilia e in buona parte anche fuori i confini isolani. È atterrato un extraterrestre a Catania? No, tutto il contrario, semplicemente stiamo provando a descrivervi un umano, forse troppo umano aggiungerebbe Nietzsche, che ci ha piacevolmente raccontato il suo essere presentatore, showman, conduttore radio e tutto ciò che riesce a fare su un palco o dietro un microfono, ma anche marito, genitore, figlio e questo è avvenuto in una mattinata di sole primaverile che solamente la nostra città può donarci perfino in pieno inverno. Ebbene sì, siamo “a tu per tu” con quell’indomabile folletto del palcoscenico di Ruggero Sardo, catanese purosangue, e perdonateci se adesso ci contraddiciamo con la precedente, decantata, umanità ma… sotto sotto qualcosa di “alieno” in lui c’è! Difatti, in un mondo come quello dello spettacolo, dove tutti questi meriti diventano merce sempre più rara, in una professione che lascia esigui spazi a tutte queste qualità esercitate, per giunta, in maniera contestuale, Ruggero sembra essere uno di quegli ultimi Highlander riuscendo a gestire vizi e virtù di questo mestiere con intelligenza e dinamica serietà e professionalità, divenute sue inalienabili risorse oltre, naturalmente, le innate capacità personali.  Di conseguenza, è stato più semplice del previsto raccordarci per una intervista e porgli diverse domande le cui risposte colgono in una virtù ancora più rara ai giorni nostri: la sincerità. Descrizione esageratamente mitizzata con tratteggi quasi agiografici? Incassiamo, e accettiamo, la vostra eventuale ironia e perdonateci fin da adesso, ma per chi lo conosce bene sa che questi meriti esistono realmente e si possono percepire già nel suo modo di rapportarsi e che saranno confermati anche dalle risposte ricevute.  Ad esempio, cominciando dalla prima domanda dove, giusto per provocarlo, gli chiediamo se si sente un VIP così com’è stato descritto in un importante blog. Risposta?  Un No! netto, secco, accompagnato da un’espressione del volto di quasi fastidio nel sentirsi appiccicato addosso questa etichetta.

“Non lo sono e non potrei mai esserlo, anzi lo ritengo un termine errato perché io mi sento un umile lavoratore dello spettacolo”. Da quest’affermazione, e per dare ancora più corpo e sostanza a quanto detto fino adesso, iniziamo ad andare a ritroso nel tempo per scoprire che da bambino era…udite, udite: timidissimo, sempre nascosto sotto la gonna di mamma o la giacca di papà, tanto da meritarsi l’appellativo di “cartolina e francobollo”. Poi, i salesiani, con i primi spettacoli che lo hanno (meno male) costretto a confrontarsi con sé stesso e superato lo scoglio timidezza, ha avuto la fortuna di amare da subito questo lavoro e se pur attorniato in famiglia da professionisti come avvocati, medici, notai, farmacisti, non è stato mai costretto a laureasi o a fare un mestiere che gli non piaceva. Con questi presupposti, della famiglia era, inevitabilmente, la classica “pecora nera”, quella quando ti domandano come stanno i tuoi figli, e tu da genitore orgoglioso decanti le loro qualità professionali, “uno fa medico, uno il notaio, una la farmacista” e poi ti chiedono: “e Ruggero cosa fa? Grazie sta bene”, era la risposta che, ironicamente, potevi dare: tutto dire! E ci racconta questo aneddoto accompagnandolo con una sonora risata (e chi scrive ride insieme a lui), ma ringrazia sempre i suoi genitori per averlo lascialo libero di seguire la sua passione, primo dovere di chi gioca il ruolo di quel famoso arco di Gibran memoria. “Non amavo studiare giurisprudenza” ammette senza titubanza, anche se poi sono state le vicissitudini familiari a metterlo di fronte a un bivio, e così dopo aver fatto l’assicuratore, con il lavoro di presentatore che lo pressava sempre più, ha deciso di mollare il primo lavoro e dell’università gli è rimasta un’impareggiabile esperienza di vita che gli ha fatto conoscere tante persone costruendo, mattone dopo mattone, quello che è oggi. Non finisce di riavvolgere il nastro dei ricordi che gli poniamo, entrando quasi a gamba tesa, una domanda “antipatica”, come quella se si trova più a suo agio in radio o sul palco. Dall’immediata risposta comprendiamo che provare a metterlo in difficoltà non sarà cosa semplice per chi ha già tutto chiaro in testa. “Indiscutibilmente mi trovo più a mio agio sul palco perché ho fatto il percorso inverso che solitamente si fa, difatti prima ho iniziato sul palco, mentre la radio è cominciata solamente nel 2012 e io non avevo mai fatto radio fino a quando mi hanno chiesto di sostituire Castiglia ed ho avuto paura, ma grazie al mio agente, che ha sempre avuto fiducia in me, ho fatto questo salto nel buio perché la radio ha tempi e ritmi diversi. Ho richiesto carta bianca e messo in conto che potesse anche non funzionare e poi, invece, ha funzionato per anni.” Si parlava di sincerità? Ebbene, in questa risposta ci confida pure che non ha paura a dire che fondamentalmente “è scarso a fare radio” perché la sua vita è la televisione, però al pubblico radiofonico piace ugualmente e finché dura va bene così. Non si scompone nemmeno per un attimo Ruggero, pertanto proviamo adesso, con un tackle da cartellino rosso, a far vacillare questa sua sicurezza chiedendogli come fa un uomo di spettacolo, mestiere pieno di tentazioni per antonomasia, ad avere una stabilità familiare come la sua e ad essere, per giunta, un papà attento e presente come pochi altri suoi colleghi. Niente alchimie o miracolosi antidoti, lui ha solamente fondato sulla roccia il rapporto sentimentale/familiare dove moglie e figli sono il suo centro di gravità permanente, inalienabile primo riferimento, diamantino luogo dove rifugiarsi dopo una giornata intensa. Risposta di una “complicata semplicità” e peste ci colga se stiamo afferendo a ordinaria retorica o melliflui luoghi comuni, ma comprendiamo anche dal tono della sua voce che la famiglia, quel primo e indispensabile mattone di una società sana, è effettivamente la sua forza interna, il suo naturale antibiotico che lo ha reso immune a quel batterio chiamato protagonismo con sintomi di libertinaggio, pur immerso in un mondo dove le tentazioni, in tutti i sensi, sono sempre pronti ad ammorbare anche le coppie più consolidate. “Anche perché ha avuto degli esempi meravigliosi che sono stati i miei genitori, un riferimento buono, solido e sereno, che ti resta dentro e poi il lavoro lo considero solo un aspetto della mia vita ma che non è la mia vita e se uno ha un poco di buona volontà e “gnegnio” il resto viene da sé”.  E ci tiene a precisare che in vent’anni di carriera, con decine di concorsi di bellezza e sfilate di moda alle spalle, mai nessuno potrà dire che abbia avuto un atteggiamento fuori luogo, fosse anche una semplice battuta, per rispetto prima degli altri e poi di sé stesso. Poi, l’ennesima puntualizzazione: “Mai mischiare il ruolo del professionista con quello di padre, figlio, marito: “il lavoro per me è solo un mezzo per vivere meglio la dimensione Ruggero Sardo uomo, che scherza ed è sempre disponibile con tutti, a volte perfino tacciato di uno “che se la tira” ma l’importante è non valicare certi confini”. E tra tanto serio e meno faceto, si arriva all’ultima domanda, quella dove si prova a toccare le sensibili corde della realizzazione personale chiedendogli se nutre la speranza di raggiungere nuovi prestigiosi obiettivi come, ad esempio, essere protagonista di un grande salto nelle reti nazionali. Dalla risposta si apprende una verità già nota a tutti come quella che, per arrivare a prestigiosi palcoscenici nazionali, non dipende solo dalla bravura, “ed è una bugia affermare, per chi fa questo mestiere, che per essere soddisfatti basta anche rimane in Sicilia”.  Di conseguenza, “ci stiamo lavorando moltissimo, l’importante è essere pronti, se poi l’occasione non arrivare resta sempre la soddisfazione di averci provato”. Abbiamo finito?  Assolutamente no, perché stavolta è lui a dribblarci e senza commettere fallo quando scopriamo che nemmeno questa ricerca del “grande salto” è il suo vero sogno nel cassetto che è… “mantenere salda la mia dimensione familiare, cercare di essere un buon padre e un buon marito” così come gli ha insegnato suo papà che diceva sempre: “la sera, dopo che chiudi la porta, l’importante è portare sempre un sorriso a casa.” Un piacevole repetita iuvant a suggello di quanto detto fino adesso, cui fa fanno seguito i suoi ringraziamenti di cuore (lui a noi) per il tempo che gli abbiamo dedicato. Il mondo alla rovescia? No, Ruggero per gli amici.

Catania, 22 gennaio 2020

Concetto Sciuto per Sport Enjoy Project Magazine

( fonte foto Ruggero Sardo per Sport Enjoy Project Magazine )

Questo articolo è stato pubblicato sulla pagina on-line su www.sportenjoyproject.com