L’ondata di gelo al Sud e il riscaldamento globale

Dalla politica alle persone: tutti i volti del possibile cambiamento

di Serena d’Arienzo

L’ondata di freddo che ha colpito il sud Italia è stato un evento che, oltre a proporci inconsuete immagini di litorali meridionali completamente imbiancati, ha comportato anche conseguenze di grande entità in termini di dispendio di risorse umane ed economiche per la risoluzione dei problemi da esso derivanti. Una contingenza climatica di tale portata ha puntato nuovamente l’attenzione mediatica e degli specialisti del settore sull’urgente e delicata questione del riscaldamento globale.

Nonostante la persistenza di percentuali di scetticismo, il riscaldamento globale è ormai un fatto assodato dalle più importanti autorità scientifiche e governative di livello internazionale. Non a caso, a confermare un trend in crescita dell’innalzamento delle temperature sono i dati, da leggere in sequenza, sul riscaldamento del pianeta relativo agli anni 2014, 2015 e 2016, che rendono innegabile la causa che sta all’origine del cambiamento climatico.

Questi sono dati evidenti, eppure, così come ha specificato in altre occasioni il meteorologo Luca Mercalli, non tali da potersi considerare nel nostro Paese come eccezionali, in quanto già registrati in passato. Il discrimine sarebbe piuttosto verificare non tanto l’intensità di tali fenomeni climatici distintivi, quanto piuttosto un cambiamento nella loro frequenza.

Secondo quanto ha già dichiarato lo specialista, infatti, un’ondata simile di gelo nel Meridione d’Italia “si spiega con il flusso di aria artica che è arrivata attraverso i Balcani e che regolarmente, ogni 4-5 anni, colpisce le nostre regioni adriatiche, le più esposte ai flussi di aria fredda di origine continentale-siberiana. Tale flusso, regolarmente, fa il suo affondo verso la Grecia, toccando quindi tutte le zone appenniniche fino alle spiagge della Puglia”. Per avere neve sulle Alpi, “abbiamo bisogno generalmente di un’altra conformazione metereologica, che porti umidità dal Tirreno, comunque dal Mediterraneo, quindi con flusso contrario, da Sud verso le Alpi”.

Non siamo ancora all’emergenza, quindi, ma tuttavia è inaccettabile che la questione del riscaldamento del pianeta, nonostante venga riconosciuta dai più, non sia ancora ai primi posti dell’agenda diplomatica e politica mondiale, come se ancora si potesse perdere tempo.

Il mutamento del clima è una realtà che ormai incide di fatto sugli equilibri dell’ecosistema, tanto da costringere alcune specie animali alla migrazione o, in lunga prospettiva, all’estinzione. Continuando a sottostimare il problema o a non considerarlo in termini risolutivi, il serio rischio è che si giunga a un punto di non ritorno in cui salvare il pianeta sarà  impossibile.

Un’urgenza, questa, che non dovrebbe interessare solo la politica o le grandi economie mondiali, ma che dovrebbe in primo luogo incidere sullo stile di vita quotidiano delle persone, sui loro comportamenti e scelte alimentari, energetiche e di vestiario, assumendo una prospettiva etica comune per la riduzione dell’impatto umano sull’ambiente.

La conoscenza, dunque, è sempre al primo posto nella presa di coscienza di ciascuno individuo. Dall’uso delle energie rinnovabili, allo smaltimento dei rifiuti, all’uso dei trasporti, alla scelta dei prodotti. Una sensibile informazione può davvero fare la differenza.