Vox populi: tutti a casa.

di Concetto Sciuto

Quanti sacrifici comporta amare una squadra di calcio… Spesso, dopo aver esultato per una vittoria, bisogna essere pronti ad accettare più di un dispiacere. Ma ciò che occorre innanzitutto è avere tanta, ma tanta, di quella pazienza per riuscire a ingoiare ettolitri di bile attendendo tempi migliori che tardano così tanto ad arrivare che ci si chiede se valga la pena continuare a crederci. Ma dai, tutto questo per una sconfitta! Direbbe un osservatore esterno, sideralmente distante dalle vicende nostrane. Concordiamo tutti che qui non stiamo discutendo sulla “manita” ricevuta in pieno volto da ogni giocatore rossazzurro e da tutti i tifosi etnei, quella può succedere a tutti, il paradosso è che tecnicamente non abbiamo nessun valido argomento per riuscire a imbastire un minimo di motivazione che sta dietro a questa umiliante sconfitta. Non sappiamo da dove cominciare, anche perché non c’è mai stato un inizio incontro ma solamente un fine: appena incassato il primo gol. Di conseguenza vorremmo capire (cosa più grave con Camplone in primis che sta ancora lì a chiederselo) cosa sia, effettivamente, successo. Che qualcuno ci spieghi perché si è deciso di non giocare, forse capiremmo, ce ne faremmo una ragione, non accetteremmo lo stesso l’umiliante sconfitta, ma avremmo almeno una motivazione tecnica/morale su cui conversare, qualcosa su cui poter mettere un punto e ricominciare, magari per provare a costruire un futuro più degno di questa piazza calcistica, se mai ce ne sarà uno. Giuste o sbagliate che siano le motivazioni che vengano alla luce, almeno nel segreto dello spogliatoio, per porvi urgentemente rimedio. Invece, fino adesso il nulla. Di contro, ciò che rimarrà di questa gara, e nella storia più buia in assoluto del Calcio Catania, sarà quello sciamare silente, educato, civile, corretto, dei supporters rossazzurri a metà del secondo tempo, decidendo (giustamente) di tornare tutti a casa prima del previsto, accompagnati dagli applausi di piena solidarietà da parte dei tifosi della formazione avversaria. Un gesto come questo non era successo nemmeno al Simone Veneziani di Monopoli, dove rimasero fino alla fine i centoundici tifosi etnei giunti in terra pugliese per assistere a un identico risultato negativo. E tornando di qualche anno indietro nel tempo, ricordiamo ancora lo scrosciare degli applausi perfino dopo aver subito il 7 a 0 all’Olimpico di Roma, dove comunque è stato apprezzato il sacrificio in campo per provare ad arginare una formazione avversaria nettamente più forte.

Stavolta no! non hanno resistito, quando è troppo è troppo! E si è deciso di andare via, senza che ci sia stato nemmeno un fischio, nessuna plateale protesta, nessuno che inveiva contro i giocatori, forse perché non meritavano nemmeno questo, forse perché non li hanno ritenuti degni dei tanti sacrifici per seguirli ovunque gli è concesso.  E adesso? Da dove bisognerebbe ricominciare? Due giorni e sarà nuovamente campionato. Con quale spirito si scenderà in campo e si proverà ad alzare lo sguardo in direzione degli spalti? Credeteci sulla parola, mercoledì sera nessuno vorrebbe essere nei vostri panni, sì in quelle maglie poco unte di sudore che meriterebbero altra sorte, quei colori che richiederebbero più serietà e impegno. La storia del Catania e di Catania non è mai stata questa, essere i primi a trascinarla dove non merita, di certo, non vi fa onore: a tal proposito, già dalla prossima gara provate a difenderne almeno quel poco che è rimasto.

Catania, 22 ottobre 2019

Concetto Sciuto per Sport Enjoy Project Magazine

( Fonte foto google immagini Pianeta Catania )

Questo articolo è stato pubblicato sulla pagina on-line su www.sportenjoyproject.com