La messa in sicurezza di tre bambini rinvenuti in un casolare dell’Abruzzo, privo di agibilità e
completamente sprovvisto dei requisiti igienico-sanitari essenziali, ha portato ad attivare il modello
di intervento previsto dalla filiera minorile. L’abitazione, isolata in zona rurale, non era dotata di
servizi igienici, né di impianti a norma, né di condizioni minime di vivibilità. I minori risultavano
inoltre estranei al circuito scolastico da un periodo significativo, senza percorsi educativi alternativi.
La coppia, di origine straniera, viveva nel fabbricato da tempo. Tuttavia, la nazionalità dei genitori
non modifica in alcun modo il perimetro di compliance applicabile: la giurisdizione è italiana, gli
standard di tutela sono inderogabili, e gli obblighi derivano anche dagli assetti regolatori europei e
sovranazionali.
Il quadro civilistico: obblighi genitoriali non negoziabili
Gli articoli 147 e 148 del Codice Civile tracciano l’architettura dei doveri di cura, educazione,
istruzione e tutela della salute. Il mancato adempimento attiva, in modo automatico, il presidio
dell’Autorità Giudiziaria minorile con possibili provvedimenti ex artt. 330–333 c.c.
La provenienza geografica dei genitori non incide: la norma è generalissima e non ammette deroghe
etniche o culturali.
Le fattispecie penali potenzialmente integrabili
L’assetto materiale osservato in Abruzzo può essere ricondotto, a seconda della gravità, a:
 obbligo scolastico non rispettato (art. 731 c.p.);
 esposizione a pericolo concreto (art. 591 c.p. – abbandono di minore);
 condotte abituali lesive della dignità e benessere dei minori (art. 572 c.p.).
La collocazione geografica isolata ha aggravato la difficoltà di intercettazione da parte dei servizi
territoriali, generando un rischio sistemico rimasto sotto soglia per troppo tempo.
Violazioni igienico-sanitarie e edilizie
Il D.M. Sanità 5 luglio 1975 impone requisiti inderogabili: bagno funzionante, acqua potabile,
dotazioni impiantistiche, aerazione naturale.
Il D.P.R. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) vieta l’uso abitativo di immobili non agibili.
La permanenza dei minori in tali condizioni configura un gap igienico e strutturale di elevato
impatto sanitario.
Il vincolo europeo
La Convenzione ONU sui Diritti del Fanciullo e la Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE
consolidano il principio per cui:
la tutela del minore prevale su qualsiasi elemento identitario degli adulti, incluse nazionalità e
appartenenze culturali.
La domanda che si fanno tutti: “Perché allora
ai rom che vivono in baracche non si tolgono i
bambini?”
È un interrogativo che ricorre nell’opinione pubblica e che merita una risposta giuridicamente
corretta e fondata, senza semplificazioni.
1. Ogni intervento sui minori è individuale, non “di categoria”
La normativa minorile non opera per gruppi etnici, comunità o appartenenze culturali.
Ogni valutazione viene fatta caso per caso, su ciascun singolo minore, con accessi, relazioni sociali,
analisi dell’ambiente, ascolto degli operatori territoriali e verifica del livello di rischio reale.
2. Le baraccopoli non sono automaticamente sinonimo di abbandono
La presenza in un insediamento informale è una criticità abitativa, ma non necessariamente integra:
 abbandono morale o materiale,
 assenza totale di cure,
 condizioni di rischio sanitario concreto,
 sottrazione all’obbligo scolastico,
 isolamento privo di qualsiasi rete sociale.
Molti minori, anche in contesti complessi, mantengono:
 frequenza scolastica,
 assistenza sanitaria,
 presenza continuativa dei genitori,
 rete sociale strutturata.
Il parametro decisivo non è la precarietà abitativa in sé, bensì il grado di rischio per la vita, la salute
e lo sviluppo del minore.
3. Quando nei campi rom si accertano condizioni analoghe a quelle riscontrate in
Abruzzo, i minori vengono effettivamente allontanati
Gli allontanamenti avvengono anche negli insediamenti rom quando emergono condizioni di:
 maltrattamento,
 abbandono materiale,
 violenza domestica,
 sfruttamento,
 assenza totale di cure.
Esistono numerose pronunce dei Tribunali per i Minorenni in tal senso.
La percezione di “impunità” è spesso legata al fatto che l’intervento non avviene in modo massivo,
bensì solo quando ricorrono i requisiti previsti dalla legge.
4. Il caso abruzzese è stato gestito perché aveva un livello di rischio qualificato
come “non sostenibile”
La combinazione dei fattori:
 totale mancanza di servizi igienici,
 isolamento geografico,
 condizione di abbandono strutturale,
 esclusione dal sistema scolastico,
 assenza di rete sanitaria,
ha determinato un profilo di rischio più elevato della semplice precarietà abitativa.
Per questo l’intervento è stato immediato.
Conclusioni
Il caso abruzzese conferma un principio chiave:
la tutela del minore segue la legge italiana ed europea, opera senza distinzioni etniche e interviene
solo quando vi è un rischio concreto, attuale e grave per lo sviluppo del bambino.
Il dibattito pubblico, spesso influenzato da percezioni generalizzate, trova nella dimensione
giuridica una risposta chiara:
non esistono immunità di gruppo; esiste solo la valutazione individuale del rischio e del benessere del minore

Fonte foto Fanpage.it