Novant’anni e tre generazioni di dottori: Paternò “abbraccia” lo studio Medico Condorelli.
Ci sono anniversari e anniversari, di certo quello dei novant’anni dalla fondazione dello studio medico Condorelli a Paternò, che racchiude ben tre generazioni di dottori, ha avuto un quid in più. Un fluivo di emozioni, spontanei applausi di un folto pubblico, sinceri abbracci e furtive lacrime come sintesi di un “elisir d’amore” prima verso i propri pazienti, e dopo per questo mestiere incomparabile con altri. Sono stati questi gli ingredienti di una serata novembrina atipica, quasi unica nel suo genere che ha visto come mattatore di questo anniversario l’ultimo della generazione dei medici Condorelli, Salvatore, Turi per gli amici, anzi: per tutti. Un Amarcord reso ancora più coinvolgente, in un largo San Michele Arcangelo strapieno, dalla proiezione di un video che ha ben riassunto una tradizione quasi secolare, un cortometraggio che solo l’esperienza del navigato regista Salvo Campisano poteva restituirci in tutta la sua portata di un’umanità quasi perduta nell’era degli ego imperanti e di relazioni sociali anchilosate da algidi social. Si commuove Turi Condorelli (Jr.) durante il suo discorso dai contenuti diretti, senza fronzoli, avulso da melliflua retorica e, soprattutto, incontestabile testimone dialogico di un raro valore come la sincerità, virtù quasi completamente elisa nel nostro quotidiano relazionarci. “Un mestiere che potrai svolgere solo se lo amerai più di te stesso” è stata la “condicio sine qua non” trasmessa dal nonno ai figli e da questi ai nipoti, senza non è il lavoro adatto a te. Imprescindibile requisito preso in parola da tutti quelli che in famiglia hanno scelto, consapevolmente, questo mestiere unico, come quello di curare e spesso salvare vite umane.
Poi l’abbraccio tra lui e il padre in una stretta che al suo interno racchiude una intera generazione di aiuto al prossimo.
Queste le domande rivolte ai due protagonisti della serata come il Dottore Filippo Condorelli e il figlio Turi, curiosità che hanno ricevuto le risposte che ci si attendeva da chi affronta il proprio dovere come una missione. Si comincia con il più “piccolo”:
Qual è la ricetta magica per far sì che uno studio medico raggiunga la ragguardevole soglia dei novant’anni?
“La magia sta nel disegno divino insieme a quello di essere dei medici per il fatto che in realtà è un vizio e la sua impossibilità nel fermarsi quando vedi che qualcuno soffre e senti che devi aiutarlo. E stasera la risposta alla nostra missione è questo abbraccio e la fiducia incondizionata, spontanea e sincera di una cittadinanza come quella di Paternò che doveva essere una periferia di Catania e che in realtà è un grande grande città, un grande paese di 60.000 anime che oggi vive e brinda insieme a noi i nostri primi novant’anni. Questo è un traguardo di tutta la comunità!”.
Tra i mille aneddoti che ti sono capitati nella tua lunga carriera, papà e nonno compreso, qual è quello che più ti è rimasto impresso?
“Nel nostro “tatuaggio del cuore” c’è la parola COVID-19 dove ci siamo dovuti inventare di tutto come l’acquistare le tute, i dispositivi protezione individuale e le mille difficoltà nel cercare di dare aiuto al paziente, ma lo facevi con amore e passione”.
Quando il medico riesce a sconfiggere una malattia c’è gioia e quando invece è la malattia a prendere il sopravvento?
Nella malattia non c’è una vittoria o una sconfitta, c’è un seguire assieme al paziente una scelta terapeutica che ti porta comunque a una conclusione. Quando alla fine il paziente o il parente ti ringrazia, perché vede che tu hai utilizzato tutte le tue conoscenze e gli strumenti, è comunque una vittoria che hai conquistato insieme al familiare e al paziente che a volte ci abbandona da questa terra per essere abbracciate nelle mani nostro signore”.
Mentre il papa Filippo, bloccato dall’emozione generata dalle centinaia di abbracci ricevuti dai suoi concittadini prima e pazienti dopo, alle nostre domande ha preferito rispondere in maniera sintetica ma sincera.
Quando vedeva suo padre curare i primi pazienti avrebbe mai pensato a una festa come quella di oggi per un traguardo da record?
“No, non l’ho mai pensato!” e la voce gli si blocca in gola dopo l’ennesimo grazie seguito da un altro abbraccio che in maniera difficoltosa ci permette di formulare una seconda domanda:
E lei aveva mai pensato di fare il medico compreso i suoi quattro figli?
“No, non l’avevo mai pensato così come non avrei mai pensato e mai creduto che sarebbe stata possibile una festa come quella di questa sera e quindi sono doppiamente felice e ringrazio tutti questi amici presenti oggi”.
Continuare a fare domande sarebbe come rompere quel cerchio magico che si è creato stasera in uno spiazzo di un paese quasi città come Paternò, località che ancora oggi vive in pieno il concetto di comunità grazie anche ad eventi come questi quasi unici nel loro genere e…in attesa dei 100!
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