Il caso Oronzo Canà: satira calcistica e responsabilità dell’allenatore tra omessa denuncia e lealtà sportiva
Di Mariano Mascena
1. Introduzione
Il film L’Allenatore nel Pallone (1984), interpretato da Lino Banfi, è una commedia cult che mette alla berlina il mondo del calcio italiano degli anni ’80.
Il protagonista, Oronzo Canà, viene ingaggiato dalla Longobarda, piccola società neopromossa in Serie A, per guidarla nella massima serie.
Tuttavia, Canà scoprirà che la sua nomina è parte di un progetto societario volto a ottenere vantaggi economici tramite una retrocessione pianificata.
Al di là dell’intento comico, la vicenda di Canà offre spunti per un’analisi giuridica tutt’altro che fittizia.
In particolare, emergono responsabilità riconducibili al diritto sportivo, come l’omessa denuncia di illeciti, la violazione della lealtà sportiva e il potenziale inadempimento dei doveri tecnici e deontologici dell’allenatore professionista.
Andiamo ad analizzare tutti i profili alla luce della normativa vigente e dei principi dell’ordinamento sportivo italiano.
2. Il ruolo dell’allenatore: un prestatore d’opera professionale sportiva
La posizione giuridica di Oronzo Canà si inquadra all’interno della disciplina dettata dalla Legge n. 91/1981, relativa al lavoro dello sportivo.
L’allenatore professionista di una squadra di Serie A è, a tutti gli effetti, un lavoratore subordinato, titolare di un contratto registrato presso la Lega Serie A e soggetto alle disposizioni della FIGC e del CONI.
Il contratto di Canà prevede prestazioni intellettuali e organizzative: elaborazione di tattiche, conduzione degli allenamenti, scelte di formazione, rappresentanza pubblica della società.
A ciò si aggiunge il dovere generale di lealtà e correttezza, codificato dall’art. 4 del Codice di Giustizia Sportiva F.I.G.C., che impone a tutti i tesserati comportamenti ispirati a correttezza, probità e lealtà in ogni rapporto, anche extracalcistico.
3. Il piano illecito e la responsabilità per omessa denuncia
Nel film, il presidente Borlotti rivela a Canà che la sua nomina è frutto di una precisa strategia: utilizzare un allenatore mediocre per retrocedere volontariamente in Serie B, evitando così costi eccessivi di permanenza in Serie A. Tale piano costituisce, sul piano astratto, una violazione della lealtà sportiva. Anche se la retrocessione non deriva da una combine classica, l’intento fraudolento è evidente. Il punto centrale dell’analisi giuridica è che Canà viene a conoscenza dell’intenzione illecita della società.
Ai sensi dell’art. 7 CGS FIGC, ogni tesserato ha l’obbligo di denunciare immediatamente agli organi federali qualsiasi illecito sportivo o tentativo di illecito.
L’omessa denuncia è sanzionabile anche in assenza di concorso materiale nella condotta illecita. La responsabilità per omessa denuncia è personale, oggettiva e non richiede dolo o vantaggio.
Nel film Canà non solo non denuncia formalmente l’illecito, ma per un tratto sembra addirittura accettare passivamente la situazione, contribuendo a scelte tecniche poco trasparenti.
Questo lo renderebbe, nel mondo reale, passibile di deferimento alla Procura Federale, con sanzioni come l’inibizione o la sospensione dell’abilitazione a dirigere squadre professionistiche.
4. Scelte tecniche viziate: il caso Aristoteles
Un ulteriore profilo di responsabilità emerge nella gestione tecnica della squadra.
Canà, pur avendo a disposizione Aristoteles – fuoriclasse brasiliano ingaggiato in extremis – non lo schiera inizialmente. Le ragioni non sono di natura tecnica, ma legate a pressioni ambientali, confusione tattica e resistenze personali.
Nel contesto del diritto sportivo, le scelte tecniche rientrano nella discrezionalità dell’allenatore.
Tuttavia, laddove tali scelte siano dettate da finalità illecite o da accordi occulti, possono configurarsi violazioni disciplinari e perfino inadempimenti contrattuali.
Se Canà avesse volontariamente evitato di impiegare il miglior giocatore per favorire la retrocessione, tale condotta potrebbe essere inquadrata come abuso del ruolo o mancanza di diligenza professionale, sanzionabile anche in sede civile.
5. Redenzione finale e possibili attenuanti
Nel finale del film, Canà cambia atteggiamento: rompe con la dirigenza, schiera Aristoteles, e guida la squadra a un’insperata salvezza. Questo atto di ribellione riafferma il valore etico dello sport e della competizione leale.
Dal punto di vista disciplinare, l’art. 13 CGS FIGC prevede che la collaborazione attiva con gli organi di giustizia sportiva o il comportamento riparatorio possano costituire circostanze attenuanti. Canà, pur avendo inizialmente omesso la denuncia, non aderisce all’illecito fino in fondo e agisce – seppure tardivamente – per contrastarlo.
Tuttavia, in assenza di denuncia formale, l’illecito omissivo resta consumato, e l’attenuante può ridurre ma non eliminare la responsabilità.
In un ipotetico procedimento sportivo, la Procura FIGC potrebbe contestare a Canà l’omessa denuncia, ma riconoscere la condotta finale come elemento a favore nella commisurazione della sanzione.
6. Conclusioni
Il caso Canà, pur trattato in chiave satirica, rappresenta una perfetta metafora delle tensioni reali che attraversano il calcio professionistico: interessi economici, pressioni societarie, conflitti tra etica e subordinazione contrattuale.
Dal punto di vista del diritto sportivo, l’allenatore è chiamato a un ruolo tecnico ma anche etico e giuridico.
È responsabile delle proprie azioni e delle omissioni, e ha l’obbligo di denunciare ogni devianza dagli standard di lealtà e trasparenza.
La figura di Oronzo Canà, dietro la comicità, ci ricorda che lo sport, anche nel suo lato grottesco, è terreno fertile per riflessioni profonde sul diritto, sulla responsabilità e sull’etica della competizione.
Fonte foto Articolo 21, liberi di…
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