Le pale sacre di Jean Calogero nella restaurata chiesa di San Giuseppe
Si aprono le porte del tempio cristiano settecentesco in onore di San Giuseppe, che odora di mare e dialoga ridente con il castello di Aci, in un tiepido pomeriggio di primavera, preludio destate. Le genti, composte, ascoltano la Parola di Dio e, fuori, attendono pazienti la moltitudine venir loro incontro in uno scambio di passi in cui la folla cede il posto al silenzio della contemplazione, alle cromie delle pale sacre in un’alternanza di chiari e scuri ad illuminare lo sguardo che stupito si posa. Nello spazio vuoto che si riempie di sacralità e meraviglia, leggeri danzano gli uccelli di San Francesco in un cinguettio sacro a musicare i passi del silenzio che si susseguono in adorazione di quel Cristo, annunciato alla Madre Celeste da un angelo variopinto, col volto di bambola, in un rigore stilistico che ben si sposa con l’immaginario surreale che entra nelle pieghe del velo di Maria.
Cromie di sfumature e velature tese a fondersi in una crasi perfetta di rimandi e allegorie, come solo il genio del Maestro Jean Calogero ha saputo rendere allo sguardo incantato del pellegrino, quando l’angelo vola e il Miracolo è compiuto. Compiuto e minacciato, allorquando il volto di Giuseppe rivela la necessità di fuggire. Fuga in Egitto è la pala sacra che si offre dirompente alla destra dell’altare, sotto la statua di San Giuseppe, che guarda all’Annunciazione: un’unica linea obliqua segna il capo di Giuseppe, dalla statuaria alla pittura, come in una naturale continuità visiva che ci indica sulla tela la scelta di fuggire e la pace di ritrovarsi al sicuro, col Bambino tra le braccia, lontano dal pericolo, nella figura che si erge vincente ai piedi dell’altare. Il Bene che trionfa sul male nell’immagine dell’uccellino di giallo vestito pronto a spiccare il volo verso la Verità.
Gli uccelli, il pesce, l’asinello e il cavallo: espendienti puntuali di francescano rimando si mescolano alle scene settecentesche sovrastate dagli angeli sull’altare della piccola chiesa nella piazza di Acicastello, unica al mondo, per la convivenza degli stili nelle pale sacre ad adornarne i muri. Gli stili di tempi lontani che si fondono nell’eterno presente di un messaggio universale che solo all’arte è dato di interpretare e veicolare con la libertà, l’essenzialità e la verità che le sono proprie.
E infine, non ultimo, schiuse le porte, torna e trionfa il cavallo. San Giorgio col viso di donna, che chissà alluda alla principessa dell lAurea Legenda medievale, dall’alto del suo cavallo trafigge il drago e, ancora una volta, la fede vince sul male: un racconto iconografico che dall’ingresso in chiesa ci annuncia il tema centrale.
Se nell’opera di Paolo Uccello il drago è ferito, pronto a essere legato dalla principessa senza più alcun timore, il nostro Maestro sognatore ci risparmia la cruenza della scena e si avvale di un simbolismo che urla ma non grida, trafigge ma non punisce, interpretando nel migliore dei modi il messaggio di misericordia e carità cristiana. Della salvezza, invece, ci parla il cavallo di Jean Calogero, che ancora una volta è simbolo dell’iconografia classica che attraversa tutti i tempi ed entra di diritto, a galoppo, nella storia del cristianesimo e dei suoi interpreti.
Tiziana Rasà
Facebook comments:
Lascia un Commento
Occorre aver fatto il login per inviare un commento